Spazio Hus
Milano 2020
Elisabetta Longari
Questa mostra, dopo diversi anni di gestazione, ha finalmente trovato la sua forma più intensa in un luogo ad essa perfettamente congeniale. Dal nero, composta dall’insieme di tredici “stazioni”, inizialmente aveva per titolo Museo romantico perché l’allestimento prevedeva un certo quoziente di fumisteria, manifestato soprattutto nell’intenzione scenografica di avvalersi dell’illuminazione instabile della fiamma della candela come fonte particolare posizionata davanti a ogni “frame”. Nel tempo alcuni dettagli come questo sono naturalmente cambiati ma il focus, potentissimo, resta l’emersione dal nero di forme appena intraviste, estratte, sradicate dall’oscurità dei secoli, da cui emerge il bagliore di un gesto o di un’espressione; per lo più frammenti vivi di corpi che sembrano sul punto di iniziare a risvegliarsi.
Tutto nasce per caso, dal ritrovamento, avvenuto alla fine degli anni Novanta, in una nota libreria milanese che ha una formidabile sezione di libri più o meno vecchi, più o meno rari, di un volume pubblicato nel 1951, non cercato ma trovato, che aveva per oggetto le opere conservate al Museo del Prado a Madrid e ne riproduceva alcune tramite la tecnica della fotoincisione in nero. Quel nero profondo e vellutato, che sembra pulviscolo vivo, deve aver impressionato l’immaginazione di Barbara, al punto che neppure se ne deve essere resa conto. Quel nero ha funzionato come una specie di abbaglio “al contrario”, si è attivato, espanso e contratto, tempo dopo, lasciando emergere, dal nulla che tutto inghiotte e cancella, soltanto alcune forme appena accennate e vagamente distinguibili nelle tenebre. Quel nero delle stampe del libro, trovato e poi accentuato intenzionalmente tramite un intervento manuale al carboncino su una fotocopia, il cui esito viene riprodotto in digitale, si carica anche delle risonanze della vertigine tutta contemporanea della riproducibilità delle opere d’arte. […] Un matrimonio perfetto, fondato su un’intesa antica e contemporanea, che parla una lingua senza tempo. Tutti quei particolari che Barbara ha scelto perché emergessero dal nero esplicitano la concretezza dei gesti che indicano la relazione. Le mani come ponti, attizzano il fuoco, che cova sotto la cenere, di quel senso degli altri che sembra essersi perduto, e che se è davvero perduto, sarà il fatale motivo di estinzione di tutto ciò che umano significa.